martedì 26 aprile 2016

25 aprile - dolce dormire

Ormai ho smesso da tempo d'affidare i miei pensieri autentici alla rete. La rete serve a diffondere, a dare appuntamento per incontri reali, per discussioni sincere. Ma in rete discutile é inutile. 
Questa volta violo il mio silenzio autoimposto, perché voglio provocare, e allarmare.
Ieri ho festeggiato la Liberazione. Ho assistito alla commemorazione dei caduti seguendo la Banda D'Affori, poi il solito dibattito, un po' annoiato, un po' noioso, un po' mistificatorio dei politicanti. Sempre la solita storia che s'appella alla Storia. 
Ma se la Liberazione é stato un dramma memorabile interpretato dal popolo e dai suoi eroi cui dobbiamo eterna riconoscenza, dobbiamo riconoscere che il 25 aprile dovremmo andare in giro senza trombe né bandiere, ma con gli occhi bassi e in colpevole silenzio. Perché la Liberazione di cui andiamo orgogliosi non voleva i contratti a termine, le false partite iva, non voleva i supermercati aperti alla domenica, non voleva i monopoli editoriali e mediatici. Non voleva il meretricio come sinonimo del successo, non voleva la spettacolarizzazione della violenza, non voleva che fossimo costretti a subire un regime, culturale e subculturale, sociale ed economico, come quello in cui languiamo, quello in cui festeggiamo con orgoglio la Liberazione, e poi accettiamo di buon grado, perché costretti, di tollerare tutto. Perché la Liberazione noi la infanghiamo ogni giorno. Perché la Liberazione non la deve usare l'assessore per adattarla al terrorismo o il consigliere per parlar d'immigrazione. 
Qualcuno é morto per la nostra Libertà. Noi quella Libertà l'abbiamo scaricata nel cesso perché "se non lo faccio io lo fa' qualcun altro e allora tanto vale...". E siamo servi. Ci hanno costretto subdolamente a dover accettare di esserlo. Io per primo. É per questo, che mi vergogno. Ma almeno, non diciamo di essere liberi. Non diciamogli grazie. Chiediamogli scusa.


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sabato 2 maggio 2015

Milano al primo di maggio.

Ieri era il Primo Maggio, e io l'ho piacevolmente trascorso a casa dei miei genitori con mia moglie,i miei fratelli e le loro compagne. Non é stata una scelta sofferta, ma la logica reazione a un corteo che a Milano negli anni scorsi era diventato una pagliacciata chiassosa, a una festa istituzionale da rifiutare perché non c'é festa del lavoratore in un paese che ha tradito umiliato e offeso il lavoratore dipendente e quello autonomo.
Mentre mangiavo le lasagne, tv e rete riferivano dei tragici tafferugli di Milano. I black bloc hanno messo a ferro e fuoco la città, Milano é in ginocchio, devastata, dicono. Una metropoli che si piega per un temporale, invasa da trecento barbari.  Sensazionalizzazione solita del giornalismo da Cliccamipiace cui ormai siamo avvezzi. Faziose interviste, dichiarazioni retoriche, domande inutili.
Non mi sento di condannare il blocco nero. Quella rabbia cova da tempo. E lo ammetto candidamente, io non scendo in strada a spaccar tutto solo perché sono diventato più ponderato e riflessivo e quel che ormai ho da perdere é,  egoisticamente, più importante del bene della nazione buona solo alla retorica via social network. 
Io sono incazzato col sindaco sleale e bugiardo che la mia città la devasta da quattro anni, non con trecento sbarbati che hanno ancora l'ingenua credenza che le cose si possono cambiare con un disordine di piazza.
Io sono incazzato e quando sei incazzato non guardi in faccia a nessuno, soprattutto se al primomaggio ha l'auto parcheggiata in via Vincenzo Monti.
Io sono così incazzato da ringraziare Alfano di non aver fatto ammazzare nessun giovanotto, forse annoiato, forse violento, sicuramente confuso e tradito, incappucciato di nero. Anche se l'ha risparmiato solo per conservare la poltrona. 
Io sono così incazzato che non lo scrivo su facebook perché voglio vivere in pace, senza polemiche sterili e inutili.
Perché io non spacco tutto dalla rabbia per coltivare il buono che ho, ma la rabbia la capisco. E più che identificare i trecento ignoti, vorrei prendere a calci i nomi noti, dalla Giunta di Milano alle cariche dello stato.
Sono incazzato con chi oggi si accoda allo slogan "Milano non si tocca" ma negli anni ha assistito muto allo stupro della città e della nazione. 
Sono incazzato con la libertà d'espressione di un post su facebook, molto meno dignitosa di un lancio di molotov. 
Sono incazzato perché il perbenismo e il vuoto ideologico combinati mi guastano l'appetito con uscite tipo "Devono appenderli" "In galera" e idiozie del genere in un paese in cui in galera ci vanno solo i poveracci. 
Sono incazzato di scoprire che i miei concittadini hanno sempre un'opinione giusta su tutto, ma non fanno mai un gesto, non si espongono mai.
Ecco tutto.
Io non spacco tutto perché nonostante il male che questa città, intesa come istituzioni e cittadini, mi fa ogni giorno, non voglio fare del male a nessuno, e cerco il buono, e lo coltivo. 
E quello che costruisco ha forma scritta o altre volte sembra una festa, collaboro con chi ha bisogno, gratis, e non mi permetto di giudicare, ma cerco di comprendere le motivazioni, delle azioni degli altri. E se comprendo perfettamente gli interessi che muovono la nostra giunta e il nostro governo, e ne provo disgusto, comprendo almeno in parte la rabbia e lo smarrimento e pure la noia che affliggeva trecento sbarbati, naufraghi senza futuro in un paese senza nocchiero in gran tempesta.


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lunedì 8 settembre 2014

Un Estate al Freddo

... era il titolo di un disco dei Minnie's, e peraltro il mio preferito. Un disco che appartiene ad una fase della mia vita in cui l'entusiasmo era in grado di costruire di tutto. Ero una cellula a pedali nella Massa Critica Milanese/cantavo hardcore a petto nudo gridando la mia rabbia per fottere il sistema/provavo a scrivere/compravo una quantità impressionante di fumetti il cui volume comprendo solo ora sia nella mia testa sia nelle scatole che attendono di avere una casa/disegnavo/scrivevo canzoni/racconti/sceneggiature, un sacco di sceneggiature/drammi teatrali/da non credere/facevo la grafica dei volantini avevo imparato a usare photoshop da solo/viaggiavo per quanto potessi permettermelo.

Quell'entusiasmo, giuro, è ancora in me.
E pure se a volte posso sembrare crucciato. O deluso. Pure se i miei silenzi verbali, e soprattutto i miei silenzi in rete, possono apparire come un disinteresse, o un approccio umbratile. Pure se alle volte sono talmente incazzato da dover esplodere dentro per non far danni. Pure se alle volte ho paura, e pure se alle volte scaccio il timore che sia tutto inutile.
E pure se sembro affrontare una serie di sconfitte, di dinieghi, di prese in giro, e probabilmente la mia figura, quella dell'Inadeguabile, e quella di chi è con me schierato su questo sterminato e crudele campo su cui si cercano di realizzare dei piccoli sogni e delle innocenti ambizioni, non è quella del trionfatore, o del vincitore, o di quello che sta dalla parte vincente, quell'entusiasmo è ancora in me.

Non sono più il randagio di una volta. Non dormo più nel parco, ho smesso col tabacco, e di birra solo una che c'ho la gastrite. Eppure mi emoziono ancora quando sento un riff straziato il giusto, entro in overdose quando passo davanti a una fumetteria, vado ancora in bicicletta e ventiquattro ore su ventiquattro vedo storie nella mia testa e mille maniere per realizzarle, e per raccontarvele. 

Solo una parte giunge a voi.
Ma anche quel poco mi basta. Per sentirmi vivo.
Grazie a voi.

Eh lo so, è un po' solenne questo post, però alle volte viene così, la prossima volta vi racconto quella della mezza anguria che ci facciamo una risata e forse è meglio. Però alle volte uno deve dire anche certe altre cose. Ecco.

ps penso che in una maniera molto molto simile vedano la questione anche Andrea Brandelli Ferrari e Riccardo Besola. Penso.

domenica 16 febbraio 2014

Italia

Nazione popolata da 57 milioni di rivoluzionari. Colle terga degli altri. 
Famosa nel mondo per le sue bellezze naturali e artistiche. E per la costante denigrazione da parte dei suoi sguatteri all'estero.
Patria di genio e spesso virtù. Madre discussa di eroi e compromessi. Landa dai frutti sublimi e dalle marce radici.
57 milioni di innocenti. E 56.999.999 colpevoli.
Italia. Seconda e terza persona singolare e plurale. E la prima? 
Sono io.


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mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Natale

Fermatevi un momento a riflettere. Provate a dare un senso ai vostri gesti.
Non è questione di essere più buoni. Non è questione di dover consumare i vostri soldi.
Non è questione di immagine, un obbligo da espletare.
E' questione che se volete bene a qualcuno, potete dimostrarglielo. Con un gesto, un pensiero. Con un regalo che non avete ma avreste voluto avere. Con un numero di cellulare che non digitavate da tempo.
Con qualcosa che significhi.
Potete permettervi pure di desiderare, perché no?
Potete pure permettervi di ricevere, e divertirvi a leggere la percezione che gli altri hanno di voi.
Potete scoprire che non è la festa del mercato dei regali, non è la festa clericale ma nemmeno quella anticlericale.
E' fermarsi un momento. Per chi amate e chi vi ama.
Se tenete a mente questo, non potete sbagliare Natale.

Gli Inadeguabili non ripudiano il Natale, ma ne cercano il senso per viverlo appieno.
Buon Natale.

mercoledì 18 dicembre 2013

Ghe sém!

Ci siamo, ci siamo.
Dovete aspettarvi dei nuovi libri, dei nuovi progetti, una quantità di pubblici incontri, un'infinità di scontrini del bar, pochissimi post perché conoscete la nostra incostanza.
Però ci siamo.
E non è importante quanto ci siamo in rete, ma quanto facciamo nella realtà, e la qualità di quel che facciamo.
Portate pazienza.
Son solo due mesi...
Ci siamo, ci siamo.

sabato 7 dicembre 2013

Sant'Ambrogio Inadeguabile!

Oggi é 7 di dicembre e Milano celebra il suo santo patrono, Sant'Ambrogio, che fu un Inadeguabile, e difatti a Milano abbiamo avvento e carnevale sfasati. E poi era uno che non le mandava a  dire.
Gli Inadeguabili sono gente un po' così, che se vede Mandela fa l'inchino, ma senza farsi notare. Perché a Cesare quel che é di Cesare, ma gli uomini si comportano in un modo, gli Inadeguabili in un altro e non sono eroi né pretendono di partecipare a parole all' eroismo di qualcun altro.
Gli Inadeguabili occupano il proprio posto, e il trucco sta nel non arrendersi e non adattarsi. Si impegnano in quel che fanno, e se quel che fanno vi pare privo di valore non significa che possiate biasimarli o svilirli. Perché non compiamo grandi imprese per  il compiacimento di mostrarle agli altri, ma cerchiamo di fare quello che amiamo per donarlo al prossimo, e di farlo bene.
Non andiamo all'estero lamentandoci, sappiamo lamentarci qui e ci creiamo soluzioni che non siano la resa né la fuga. E anche se il nostro gesto politico, la nostra azione sociale, la nostra impresa é scrivere romanzi, per noi é una cosa seria. Una piccola realtà irrisoria nel grande libro, ma non perquesto priva di significato. 


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